L’Agente è morto, viva l’Agente

Contrordine: non è vero che ora conta solo il web. L’intermediario tradizionale vive e lotta insieme alle compagnie. Oggi, forse più di prima. Le imprese ci scommettono ancora ma grazie a modelli nuovi.

L’Agente è morto, viva l’Agente

Gli agenti sono resistenti o resilienti? Il modello agenziale è qualcosa da sopportare, drenando il massimo da quello che resta prima della sua definitiva scomparsa, oppure è ancora qualcosa su cui investire? A giudicare dai numeri, il settore danni italiano è, come sappiamo, ancora fortemente legato all’agente tradizionale nonostante prosegua la sua caduta nella quota di mercato. È comunque tutto il ramo danni che si conferma in sofferenza, come testimonia l’ultima rilevazione di Ania, al 31 marzo scorso: il ramo ha chiuso a nove miliardi di euro con un calo dell’1,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Continua, forse ormai strutturale, la diminuzione dei premi del settore auto, che calano del 5,7% a 4,5 miliardi, mentre salgono leggermente quelli degli altri rami danni, sempre a 4,5 miliardi (+2,5%).
Gli agenti, di questi premi, intermediano il 78,8%, in calo, si diceva, rispetto alla fine del primo trimestre del 2014, quando la percentuale toccava l’80,3%. Va anche sottolineato che, in questo ramo, il peso dei broker è sottostimato di circa 23 punti percentuali: in virtù di questo calcolo, per il primo trimestre 2015, la quota degli agenti scenderebbe a circa il 55% mentre quella dei broker si attesterebbe al 30,8%. Le banche intermediano il 4,5% del mercato danni, in leggera crescita, mentre la vendita diretta realizza a fine marzo una quota pari al 9,3%. Numeri stabili che, uniti al fatto che dal 2003 al 2013 la percentuale rispetto al Pil del mercato danni non auto è rimasta ferma all’1%, mostrano al momento una situazione poco evoluta.

Sorgente: Insurance Review | L’AGENTE E’ MORTO, VIVA L’AGENTE

Giuseppe Cutillo