Il futuro del SSN passa anche dalle assicurazioni private

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“Il Servizio sanitario nazionale non può supportare ulteriori tagli, pena l’impossibilità di garantire i livelli di assistenza e quindi l’equità nell’accesso alle prestazioni socio-sanitarie. Pertanto, eventuali risorse recuperate attraverso misure di razionalizzazione della spesa dovranno essere destinate al miglioramento dei servizi sanitari”. Queste sono le conclusioni a cui si arriva con il documento dell’indagine conoscitiva sul Sistema sanitario nazionale (Ssn). Oltre ad esaminare in dettaglio la situazione con le sue luci e ombre, vengono formulate proposte per il futuro, tra cui, oltre all’annosa questione del ticket sanitario, trova un ampio spazio l’ipotesi di un ruolo sempre più crescente per le compagnie assicurative, che si affianca, questa volta però in un ambito più istituzionale, alle ipotesi formulate nei giorni scorsi nell’ambito della presentazione del rapporto Welfare, Italia.

“Basta tagli lineari, serve un cambiamento di metodo” – Tanto più che “nel corso dell’indagine conoscitiva, la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha lamentato, sia a causa delle misure di contenimento della spesa di cui si dirà tra breve, sia a causa della riduzione del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, una contrazione delle risorse destinate dallo Stato alle regioni pari a circa 31 miliardi e 553 milioni di euro nel periodo 2011-2015″. Ora se da una parte “non appare ragionevole pensare ad un reperimento di ulteriori risorse da destinare al finanziamento del Servizio, d’altro lato non sembra nemmeno possibile tagliare ancora risorse al settore della sanità, né è più pensabile ricorrere ulteriormente alla logica del taglio lineare, poiché essa ha obbligato il sistema e le regioni ad intervenire indistintamente su alcuni settori che non necessariamente rappresentano punti di debolezza o fattori di spreco”. I tagli lineari “non possono essere il rimedio per tutte le necessità né la giusta medicina per affrontare il tema degli sprechi; le risorse necessarie devono invece essere reperite tenendo conto delle differenti capacità organizzative, culturali, nonché degli sforzi e dei successi già ottenuti negli anni dalle singole realtà regionali”. Per ciò è necessario un “cambiamento di metodo, impostando il tema del contenimento della spesa non in termini di tagli (riduzione del livello e del volume dei servizi) ma in termini di razionalizzazione della spesa, vale a dire spendere meno con gli stessi fattori produttivi, prevedendo misure premiali non solo per le regioni che abbiano avviato percorsi virtuosi di rientro dal deficit sanitario, ma anche per quelle sottoposte a piani di rientro che abbiano intrapreso processi efficaci di riorganizzazione dei servizi sanitari e assistenziali in grado di rispondere in modo appropriato ai bisogni di cura e di salute dei cittadini”.

Il Ticket del futuro.

No all’innalzamento del ticket sanitario, si al“la fissazione di una franchigia, calcolata in percentuale al reddito, fino al concorrere della quale si dovrà pagare interamente secondo le attuali tariffe ogni prestazione fruita nel corso dell’anno. Superata la franchigia, che potrebbe essere anche progressiva – le prestazioni sarebbero invece gratuite o con minime forme di compartecipazione ad effetto dissuasivo e comunque legate a percorsi di appropriatezza clinica”. Si pagherebbe quindi la prestazione fino ad un tetto massimo, variabile su base reddituale, superato il quale la prestazione diverrebbe gratuita o compartecipata.

La proposta nasce dall’analisi sull’attuale legislazione che prevede l’applicazione di un ticket pari al valore della prestazione fino ad un massimo di 36,15 euro, “con ampie categorie di esenzione, per patologie e per reddito, tanto che circa il 70 per cento delle prestazioni viene fruita da assistiti esenti”. Per l’assistenza farmaceutica l’eventuale applicazione di un ticket è demandata alle regioni. “La maggior parte delle regioni ha disposto l’applicazione del ticket, generalmente di importo pari a 2 euro per ogni farmaco a carico del SSN, prevedendo al contempo ampie categorie di cittadini esenti. Il gettito complessivo dei predetti ticket è pari a circa 2,9 miliardi di euro annui: circa 2,3 per la specialistica e circa 0,6 per l’assistenza farmaceutica”. Tuttavia, ”è stato riscontrato come l’innalzamento dei ticket sulla specialistica piuttosto che ridurre il numero delle prestazioni le abbia invece trasferite sul settore privato, posto che la compartecipazione per alcune prestazioni è risultata addirittura più onerosa del loro stesso prezzo, facendo così venir meno il gettito atteso”.

E poi: “la problematica dei crescenti importi dei ticket contribuisce, per coloro che preferiscono rivolgersi al privato, al crescente fenomeno della spesa privata” che ammonta a circa 30,3 miliardi “costituendo in tal modo una percentuale rilevante della spesa sanitaria complessiva, e con una presenza molto più elevata in alcuni settori, quali quello delle cure odontoiatriche“. Nel documento possiamo leggere come “tale spesa venga a determinare un aumento delle differenze nella tutela della salute al crescere del reddito, rivestendo per tale profilo una natura regressiva, in quanto dà luogo ad una offerta di prestazioni crescente all’aumentare del reddito del richiedente”. Inoltre, “pur collocandosi su un livello non dissimile da quella di altri Paesi europei, è nel nostro Paese quasi per l’intero out of pocket,mentre altrove è in buona parte intermediata da assicurazioni e fondi. Si tratta di una spesa che, in quanto out of pocket, è individuale (spesso cash), e non ha pertanto alcun potere contrattuale nei confronti degli enti erogatori”.

Incentivare il ruolo delle polizze di assicurazione attraverso la defiscalizzazione

La linea delle Commissioni è incentivare la sanità integrativa. “Un ultimo tipo di proposte, per aumentare l’efficienza del sistema sanitario, su cui molti degli auditi hanno convenuto, verte sull’incentivazione della sanità integrativa costituita da fondi integrativi, polizze assicurative, collettive ed individuali”. La richiesta “è di una maggior defiscalizzazione, i cui oneri per l’erario troverebbero compensazione nella minor pressione che la polizza sanitaria può determinare sulla richiesta di prestazioni pubbliche, diminuendo il numero di prestazioni erogabili dal sistema”. Inoltre “una maggior presenza dei fondi integrativi, in quanto pagata dai fondi e dalle polizze, a fronte del versamento del premio assicurativo da parte dell’interessato, riduce la spesa privata out of pocket che, come prima detto, presenta effetti regressivi”.

“La necessità di riorganizzare la spesa sanitaria privata mediante idonee forme assicurative deriva anche dalla diffusa percezione dell’insostenibilità del prelievo sia per le imprese (Irap) che per i cittadini (addizionali Irpef) nelle regioni sottoposte a piani di rientro. Tale riorganizzazione potrebbe operarsi aumentando la convenienza fiscale nei confronti dei fondi – posto che le imprese non godono di alcun vantaggio fiscale per i contributi versati ai fondi – in modo che questi arrivino ad una massa critica ed intermedino più spesa privata. In questo modo, i fondi, oltre ad intervenire necessariamente a fronte di fatturazione, raggiungendo una certa massa critica, potrebbero giungere ad avere un potere contrattuale nei confronti degli enti erogatori”.

Dunque, possiamo rilevare dal documento “ciò potrebbe consentire una maggior sostenibilità fiscale, una maggior equità sociale, in termini di attenuazione degli effetti regressivi della spesa privata individuale, di cui prima si è detto, e una miglior efficienza delle prestazioni del sistema se il predetto potere contrattuale divenisse significativo. In questo ambito è stata quindi richiesta una intensificazione degli sforzi per una progressiva messa a punto di sistemi complementari di intervento, ad esempio affiancando agli esistenti fondi integrativi – comunque da meglio sviluppare, come ripetutamente richiesto nel corso delle audizioni – un maggior ruolo ai fondi assicurativi “aperti”, sul modello seguito da altri Paesi dell’Unione europea, al fine di mantenere la piena copertura sanitaria anche in quelle aree che il sistema attuale dovesse non riuscire a coprire”.

Quindi il futuro del Servizio Sanitario Nazionale passa attraverso alcune profonde, ma necessarie, trasformazioni in cui aumenta il ruolo dei privati.
Tra le nostre offerte puoi trovare, oltre alla tradizionali polizze sanitarie (al momento non defiscalizzate) anche un Fondo Sanitario Integrativo che consente anche il recupero del contributo versato in misura pari all’aliquota marginale del reddito dichiarato.
Infatti i contributi versati ai fondi sanitari integrativi sono deducibili dal reddito fino all’importo di 3.652,20 euro all’anno.

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Giuseppe Cutillo

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