Pensione integrativa gli italiani non ci pensano

Pensione integrativa, nonostante gli italiani siano un popolo di rispamiatori, l’obiettivo di una rilevante copertura è ancora lontano.

Pensione integrativa gli italiani non ci pensano

Sono ancora troppi i lavoratori italiani che non hanno la minima idea di quanto potrà essere un giorno il loro assegno per la pensione, e, ancor più grave, non hanno messo in campo alcun progetto per integrare la rendita.

Eppure le soluzioni non mancano e il denaro nemmeno. Lo dice la Banca d’Italia affermando, con i dati, che gli italiano restano un popolo di risparmiatori. A febbraio 2017, i miliardi parcheggiati hanno raggiunto la cifra record di 1428. Tanto denaro e nessuna pianificazione nonostante i rendimenti vicini allo zero.

Un piccolo scossone lo ha portato la Busta Arancione, inviata lo scorso anno alle famiglie italiane, e contenente le proiezioni della futura pensione. L’effetto psicologico è stato un picco di iscrizioni ai fondi integrativi. Secondo i dati forniti dalla Covip sul 2016 i fondi pensione hanno contato 557 mila iscritti in più a quota 7,8 milioni (+7,7%). Siamo comunque ancora molto lontani dall’obiettivo.

Guardando ai numeri, in questi ultimi mesi queste forme pensionistiche hanno un po’ risentito del calo dei prezzi delle obbligazioni. «Si tratta comunque di investimenti di lunghissimo termine che si muovono su orizzonti di diversi decenni – ricorda Giuseppe Romano, direttore ufficio studi Consultique –. Vuol dire che le cedole che pagano le obbligazioni negli anni neutralizzeranno l’effetto del calo di prezzo».

Chi si è messo in luce è invece il Tfr. Il Trattamento di fine rapporto, nei primi tre mesi di quest’anno ha fruttato lo 0,80% contro, per fare un esempio, il -0,08% delle forme garantite dei fondi negoziali. L’anno scorso, invece, il Tfr aveva perso la gara con le altre forme pensionistiche. Nel 2016, i fondi negoziali e i fondi aperti hanno reso in media, rispettivamente, il 2,7 e il 2,2%. I Pip «nuovi» di ramo III hanno fatto 3,6%. II Tfr si è rivalutato, al netto dell’imposta sostitutiva, dell’1,5%.

In questi ultimi tre mesi il Tfr ha beneficiato del rialzo dell’inflazione a cui è ancorato. Sale, per una parte, insieme al rialzo dei prezzi. Negli anni Tfr e forme previdenziali complementari si sono sfidati con sorti alterne. Non sono mancati forti sbalzi. Nel 2008 per esempio, anno della crisi Lehman Brothers, i fondi negoziali hanno perso il 6% e quelli aperti il 14%. II Tfr invece ha guadagnato il 2,7%. Nel 2014, anno di inflazione a zero e di Borse al rialzo, i fondi negoziali e quelli aperti hanno fruttato il 7% mentre il Tfr si è limitato al+1,3%. (fonte  La Stampa Tuttosoldi)

Giuseppe Cutillo

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